Venerdì sera, ore 21.30.
Finalmente appoggio le mie chiappe sulla poltrona del teatro.
Davanti a me Luttazzi ha già iniziato il suo monologo da circa 20 minuti.
In parte a me il mio ragazzo, più a lato due illustri sconosciuti.
Non riesco a vedere dove siano seduti i miei colleghi, la maschera ci ha piazzati su due sedili scelti a caso, per non disturbare il resto del pubblico.
Ho il fiato corto e sul viso un paio di rughe in più.
Dovrei anche andare in bagno.
L'agitazione mi impedisce di gustarmi i miei primi 10 minuti di spettacolo, mi volto e vedo la stessa delusione sul volto del mio ragazzo.
E sì che la serata era iniziata nel migliore dei modi...
Sette e mezza. Sono pronta, truccata di tutto punto e ignocchita come raramente mi concedo. I panini, l'acqua, le cicche sono nel mio sacchettino, pronti ad essere sacrificati al dio della fame.
Alle 8 arriviamo alla barriera di Milano, ancora ignari di quel che la sorte ci sta preparando.
Non facciamo a tempo a pagare il pedaggio che di fronte a noi si profila una fila di luci rosse, ferme, senza orizzonte.
Il panico inizia a serpeggiare nelle mie vene.
Chiamo la mia collega al cellulare.
Anche lei è bloccata in coda.
Mi dice che il suo Tommaso le sta spiegando come arrivare al teatro, e che saremmo dovuti uscire allo svincolo appena prima della barriera.
Perfetto! Pareva brutto dircelo prima, maledetto aggeggio!
Restiamo imbottigliati fino le 8.45 quando improvvisamente il traffico torna scorrevole.
La collega ci dice che la prima uscita è la nostra.
La imbocchiamo e da lì...
"Conta 4 semafori e poi gira a destra", "Alla rotonda esci alla terza", "Sali sul ponte, stai sulla sinistra, esci per Novara", "Non capisco, ci sta facendo tornare indietro sulla super strada"...
Ok, ammettiamolo a noi stessi.
Siamo completamente persi in questa cavolo di città.
Di notte Milano è tutta uguale a sè stessa.
File di semafori ogni 100 metri, rotonde a 38 uscite, strade lunghe e dritte tutte simili. Non c'è uno straccio di cartello.
La mia collega è ferma proprio lì. Ad un qualche semaforo, dopo un qualche svincolo, in una qualche via.
Non c'è modo di recuperarla.
Sono le nove, lo spettacolo sta per iniziare e noi non abbiamo la minima idea di dove siamo.
Dobbiamo affidarci alla sorte mentre mi fumo la centesima sigaretta della serata travolta dall'ansia.
"Chiediamo a sto tiz... no, non c'ha la faccia raccomandabile"
"Ecco questa! SCUSI SIGNORAAAAAAAAA...." ma la mia voce viene spazzata via da un clacson alle nostre spalle.
Con l'eco della voce del mio ragazzo che mi insulta per non aver stampato una cartina dettagliata, ci fermiamo vicino a un tizio.
"Mi sa dire per favore come arrivare ad Assago?"
"azz... cavolo! Dunque... tornate indietro e al semaforo andate a destra. Incontrerete un ponte ma voi state attenti a non passagli sotto (o aveva detto sopra?). Contate 4 semafori e girate, poi vedrete un altro ponte, Poi girate a destra, poi dovete prendere l'autostrada per Genova... "
La moglie si avvicina e, con occhi dolci di-chi-sa, aggiunge sottovoce un "Non ci arriveranno mai".
Inversione ad U.
Primo semaforo a destra. Ci siamo!...
Ora il ponte... dove è? Quanti semafori aveva detto di passare?
Ecco.. persi di nuovo.
La mia collega è arrivata a teatro. La sorte è solo nelle nostre mani.
Io sto già pensando di mollare e piagnucolo frasi senza senso al mio ragazzo.
Altro semaforo. Giriamo a destra.
Ecco un altro tizio... sarà italiano?
Abbasso il finestrino. E' italiano ed è gggiovane.
I miei occhi sono carichi di speranza.
"Scusa! come si arriva ad Assago?"
"Assago-Assago o un qualche altro posto lì vicino?"
"ehm.. Teatro della Luna"
"Ok perfetto, tornate indietro (eh daje!) al primo semaforo a destra. Percorrete tutta questa strada sempre dritti, saranno almeno 10 km, poi vi trovate su un ponte, ci salite. Sempre dritti fino a che non vedere un concessionario volkswagen a quel punto girate a destra. Andate sempre dritti in direzione Genova e da lì ci sono i cartelli. Fidatevi di me. Vado sempre a tutti i concerti".
Ce lo rispiega una seconda volta per essere sicuro che ci rimanga ben impresso.
Lo salutiamo, con la morte nel cuore. Avrei voluto portarmelo appresso, al posto di Tommaso.
Seguiamo alla lettera le sue indicazioni e ....
A 100 M PARCHEGGIO DELLA LUNA
Ci siamo!!!!! Siamo arrivati!!!!
Lasciamo la macchina al parcheggio custodito da pantegane da 40 kg e ci scapicolliamo verso l'ingresso.
...
Adesso che sono a casa al caldo non posso far altro che chiedermi come potrei ringraziare quell'angelo della notte milanese. Senza il suo scrupoloso aiuto saremmo ancora persi in quel dedalo di strade e semafori.
Perciò, gente di Milano, se un giorno di questi vi trovate di fronte ad una statua raffigurante un ragazzo dai capelli lunghi, occhiali scuri e cappello infilato in testa sappiate che lui è il nostro Tommaso personale.
lunedì 21 gennaio 2008
Un Tommaso milanese.
Pubblicato da
Paola
alle
19:38
Etichette: Argh, Incontri, irritabilità, stizzofrenica, ui se mua, vita ordinaria
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
hehehe un vero e proprio tour!!! Avevate il navigatore? Sì che tanto servono sempre e solo per allungare la strada ... ma almeno la resa è stata degna dell'impresa? In poche parole, lo spettacolo vi è piaciuto?? :D
Dovevi salutarmi lo stronzone parcheggiatore del teatro! Ho un conto in sospeso, con quel tipo...
@cristina: No, niente navigatore! Solo noi e il nostro senso dell'orientamento! XD
Luttazzi è stato bravissimo... come sempre!
@andrea: mi spiace, ma l'unico parcheggiatore che abbiamo visto è stato un ratto di 50 cm con una coda lunga il doppio.
E secondo me si è nascosto nel bagagliaio della macchina...
Fidati, un TomTom e non sbagli più. :)
Posta un commento